Rivivi la storia dell'Hockey Club Lugano dal 1941 fino a oggi, attraverso promozioni e la vittoria di sette titoli nazionali National League.
L'Hockey Club Lugano è stato costituito ufficialmente l'11 febbraio 1941, durante la seconda guerra mondiale, in una riunione tenutasi nella saletta del Ristorante Apollo in Via Stauffacher, di fronte al Kursaal. I soci fondatori erano Antonio Caslani, i fratelli Arrigo, Ivo Badaracco, Bruno Soldini, Dino Bernardoni, Ivo Molina, Renato Crivelli, Guido Keller, Tullio Visani, Pepi Paulon, Livio Balmelli, Renato Paganetti, Kurt Tritten, Ezio Bernasconi, Federico Trachsler e Alfonso Weber. Quest'ultimo fu designato come primo Presidente, essendo un giocatore del FC Lugano e potendo assicurare le maglie. Sette anni dopo la fondazione, l'HCL abbandonò il laghetto di Muzzano per trasferirsi nel quartiere di Loreto, avvicinando gradualmente l'hockey ai rioni cittadini.
A Loreto si svolgono le prime vere partite con esibizioni di squadre blasonate come quella della Oxford University. Il 1 febbraio 1950, davanti a 2500 persone, si gioca un match storico: i canadesi della zona di Edmonton, i Waterloo Mercury’s, opposti ai Diavoli di Milano. Poche settimane più tardi, a Londra, quei canadesi diventano campioni del mondo con la foglia d’acero. Tuttavia, la mancanza di sostegno politico da parte delle autorità cittadine costa lo sfratto anche da Loreto. Nel 1955, dopo mille peripezie, il Lugano gioca alcune partite su quello che d’estate era il campo da tennis della pasticceria Münger di Paradiso, grazie a Cuccio Viglezio e Guido Keller, grandi animatori della famiglia bianconera.
Sempre nel 1955, un garagista di Noranco di nome Albino Mangili mette in funzione l’impianto di Noranco, dove approda il primo vero acquisto della storia bianconera: il grigionese Beat Rüedi, già rossocrociato e più volte campione svizzero con il Davos. Rüedi si muove abilmente a tutto campo per realizzare quello che a Lugano era considerato un vero sogno: la pista artificiale.
Leggi tuttoIl 29 febbraio 1964, sulla pista di Rapperswil, l’HCL raggiunge finalmente l’agognata promozione in LNB grazie a una campagna acquisti clamorosa con l’ingaggio di Elwin Friedrich e Roland Bernasconi, entrambi nazionali e già campioni svizzeri con il Villars. Tra gli eroi di quella partita emerge un grande talento di quindici anni che avrebbe fatto storia a Lugano: Alfio Molina.
Grande è poi lo choc per i sostenitori dell’Ambrì quando il Lugano supera i rivali in Coppa Svizzera: la gara si decide ai supplementari con una rete di Moretti.
Il Lugano si appresta così a trascorrere nove anni nella serie cadetta, tra risultati altalenanti, seppur con diversi giocatori che negli anni Settanta infiammano la Resega come i finnici Juha Pekka Rantasila e Henry Leppä e lo statunitense Tom Vanelli. Nel 1975, il club bianconero fa le valige e si trasferisce nella prima pista coperta del Luganese: quella di Mezzovico. I bianconeri vi giocano due campionati prima che il Palasport di Mezzovico crollasse la mattina del 12 febbraio 1978 a causa di un’eccezionale nevicata. Questo evento segna il ritorno del club alla Resega, ora coperta definitivamente.
Nel 1978, nella storia del Lugano e dell’hockey svizzero entra colui che nel giro di pochi anni diventerà un grande personaggio: Geo Mantegazza. Con lui si materializza anche quello che molte volte sarà il settimo giocatore sul ghiaccio: la Curva Nord! Il nuovo staff dirigenziale formato da Geo Mantegazza, Severo Antonini e Fausto Senni conquista subito due risultati storici: per la prima volta il Lugano si classifica davanti all’Ambrì, e per la prima volta, il 23 ottobre 1979, viene espugnata la Valascia (5-2).
Leggi tuttoNella prima stagione in serie A, oltre allo spettacolare difensore canadese Bob Hess, arrivano a Lugano il prolifico attaccante Giovanni Conte e la grande promessa dell'hockey svizzero, l’appenzellese Jörg Eberle. Nell'estate del 1983, per dare una scossa a tutto l’ambiente, il presidente Mantegazza avvia una vera rivoluzione tecnica, chiamando un nuovo allenatore dalla Svezia: John Slettvoll. Con lui, inflessibile dentro e fuori dal ghiaccio, arriva un giocatore destinato a diventare il beniamino della Resega: il mitico Kent Johansson! Lo scattante numero 25 ha qualche problema di ambientamento ma, dopo Natale, comincia a far faville!
L’entusiasmo per l’hockey a Lugano cresce e altri giocatori importanti completano una rosa sempre più competitiva, come i nazionali Beat Kaufmann e Arnold Lörtscher. Per affrontare la stagione 1984/85, il Lugano di Slettvoll si rinforza ulteriormente con due pedine fondamentali: Mats Waltin e Fredy Lüthi. Il primo è un vero pilastro della nazionale svedese: con Ingemar Stenmark e Björn Borg, fa parte dei miti dello sport svedese. Lo squadrone bianconero insegue i campioni del Davos per tutta la stagione ma non riesce a strappare l’ennesimo titolo ai grigionesi, concludendo comunque quella che fino a quel momento è la miglior stagione della sua storia con la conquista del secondo posto.
Leggi tuttoSabato 1 marzo 1986: Lugano è campione svizzero! Una stagione da incorniciare che culmina con il premio più ambito: la consegna della coppa dei primi playoff svizzeri a capitan Kaufmann sulla bellissima pista di Davos. Eroe della serata e del campionato intero è ancora una volta Kenta Johansson, con ben quattro reti nella gara decisiva che rovesciano il punteggio da 2-4 a 7-5! La pista di Davos si tinge di bianconero con più di 3000 tifosi a seguire la squadra. E quella sera comincia l’era del Grande Lugano.
Il campionato 1986/1987 lancia il Lugano in Europa. Vittoriosi dapprima a Berlino Est, i bianconeri eliminano quella che era considerata la squadra occidentale più forte: il Colonia. Nessuna squadra svizzera era mai riuscita a raggiungere la fase finale della Coppa Europa. In campionato, il Lugano si ripete alla grande, conquistando il suo secondo titolo nazionale nei playoff contro il Kloten.
Nella stagione 1987/1988, malgrado Slettvoll debba costruire la squadra, il Lugano si conferma padrone del campionato. Dopo il dominio nella regular season, nei playoff si aggiudica infatti il suo terzo titolo consecutivo, ancora a spese del Kloten. I bianconeri si impongono nella finale in tre partite, vincendo l’ultima gara alla Resega con una rete di Vrabec al tempo supplementare sotto una Curva Nord in delirio. Nota di merito anche per la Coppa Europa svoltasi in una Resega entusiasta. Gli ospiti d’onore sono niente meno che il mitico CSKA Mosca, allora grande leader mondiale con leggende come Larionov, Makarov, Krutov e Fetisov, il Färjestad e il Kosice. Nulla può tuttavia il Lugano contro questi mostri sacri dell’hockey europeo.
Leggi tuttoIl quinquennio 1990-1995 regala meno gioie al popolo bianconero, con gli avversari che rafforzano i loro investimenti in un mondo dell'hockey ormai professionistico in tutta la Svizzera. La stagione 1990-1991 si chiude con il secondo posto in regular season e la sconfitta nella finale dei playoff contro il Berna in quattro partite. Il Lugano condisce comunque l’annata con una nuova partecipazione al turno finale di Coppa Europa a Düsseldorf, dove sfiora l’exploit con i campioni finlandesi del Turku.
Dopo la deludente annata 1991-1992, il feeling tra il club e il Mago Slettvoll entra in crisi. Una stagione tribolata si conclude con il secondo rango nella regular season e, subito dopo i Giochi Olimpici, la cocente eliminazione ai quarti di finale dei playoff ad opera dello Zurigo di un giovanissimo Arno del Curto. Per la prima volta nella storia dei playoff, il Lugano non è presente in finale. L’impresa resta la qualificazione dei bianconeri alla finale della Coppa Spengler, dove il Lugano stravince contro il Mannheim, batte il Malmö al supplementare, perde di misura dal Team Canada e batte ai rigori il mitico CSKA Mosca. Il giorno successivo, nell’atto conclusivo, i maestri russi s’impongono per 5 a 2.
Separatosi da John Slettvoll, il Lugano cerca una nuova filosofia di gioco e un nuovo stile. Alla guida della squadra per la stagione 1992-1993 viene ingaggiato il canadese Andy Murray, uomo dalla squisita gentilezza. Con lui arriva a Lugano un mito, colui che ha formato per anni un quintetto imbattibile nella nazionale sovietica e nel CSKA di Mosca: Igor Larionov.
Leggi tuttoIl 25 settembre 1995 viene inaugurata la nuova Resega con la prima di campionato fra Lugano e Losanna. Dopo l’indimenticabile festa, però, iniziano i tempi duri e a ottobre il club si separa per mancanza di risultati da Lahtinen. John Slettvoll torna in panchina, ma questa volta l’arma non si rivela vincente. Il Lugano conclude il campionato solo al settimo rango e nei playoff viene subito eliminato dal Kloten. La stagione 1995-1996 sarà ricordata anche per il triste destino toccato al difensore Pat Schafhauser che, la sera del 5 dicembre 1995 sulla pista di Davos, va a sbattere violentemente contro la balaustra, procurandosi una lesione del midollo spinale che lo costringe sulla sedia a rotelle. Dopo questo incidente viene costituita, su iniziativa del Lugano, la Fondazione Pat Schafhauser, ideata allo scopo di creare un fondo per eventuali infortuni di gioco.
Per la stagione 1996-1997 occorrono nuovi stimoli e il Lugano chiama alla transenna una vecchia conoscenza dell’hockey bianconero: Mats Waltin, reduce da due stagioni alla guida del Davos. Con lui arriva un altro grande svedese, Michael Nylander, che lascia i Calgary Flames (NHL) per indossare la maglia bianconera. La squadra cresce, ispirata da Nylander e, rinforzata dal russo Pavel Torgaev, sconfigge finalmente lo spauracchio Kloten prima di essere battuta nella semifinale dei playoff dal Berna di Gaetano Orlando.
Leggi tuttoLa finalissima della stagione 2000/01 con lo Zurigo è intensissima, polemica e dalla coda amarissima. Sul tre a uno nella serie, in “gara 5” alla Resega, il Lugano non chiude il conto. Gara 7 del 7 aprile 2001 è palpitante: segna Dubé, ma Zeiter pareggia al 51′. Si va ai supplementari dove Samuelsson fulmina Huet e gela il sangue dei tifosi bianconeri.
Per la stagione 2001/2002 sulla panchina del Lugano arriva un ex giocatore della Grande URSS: Zinetoula Biljaletdinov. Il Lugano ha un ottimo inizio di stagione, ma gradualmente la squadra si perde. Al suo posto ritorna sulla panchina Jim Koleff, ma i playoff non regalano grandi soddisfazioni.
Durante il campionato 2002/2003 i vertici si separano anche da Koleff. Si chiude così bruscamente un’epoca. Alla guida della squadra arriva Larry “Harry Potter” Huras, che infonde fiducia partita dopo partita. Ad attenderlo in finale il Davos di Arno Del Curto, campione in carica. Le prime due partite vengono vinte dai grigionesi, ma il Lugano non molla, mette in pista tutta la sua grinta e, con un carattere da far invidia ai gladiatori, si aggiudica le rimanenti quattro partite. Un’impresa firmata dalla squadra come tale più con il portiere Rüeger, il geniale Nummelin, l’ispiratissimo Rötheli. Gara-6 viene dominata da Capitan Fuchs e compagni davanti ad una Resega gremita in ogni ordine di posti, con un perentorio 4-0 scaturito da una prestazione collettiva d’eccellenza.
Leggi tuttoGlen Metropolit, canadese tutto estro e concretezza, illumina la regular season 2005/06 laurendosi capocannoniere. Ma,quando cominciano i giochi che contano, dopo le intense emozioni olimpiche di Torino 2006 cui sette bianconeri hanno contribuito all’argento della Finlandia di Nummelin, Peltonen e Hentunen e agli exploit dei rossocrociati contro Canada e Cechia, affiorano fragilità di nervi e scarsa incisività. Un Ambrì che sfrutta appieno le sue risorse spinge così la squadra sull’orlo del baratro. I vertici societari reagiscono con l’esonero di Huras. La tifoseria è imbufalita e qualcuno sconfina nell’aggressione verbale, altri, per fortuna di fede incrollabile, inondano i giocatori di messaggi d’incitamento: nulla è impossibile!
I nuovi condottieri Harold Kreis (un’icona dell’hockey tedesco, head-coach in stagione al partnerteam Coira) e Ivano Zanatta (già assistant coach) ridistribuiscono le responsabilità, chiedono le tre C: cervello, cuore e coglioni. Il gol rocambolesco di Vauclair alla Valascia è un segno del destino.
Lo spogliatoio diventa granitico. Impermeabile ad ogni tentativo di destabilizzazione. E l’impresa di recuperare dallo 0-3 nella serie, mai riuscita sino a quel momento a nessuno in Europa, si concretizza il 19 marzo 2006.
Leggi tuttoIl 6 aprile 2010 la famiglia bianconera piange invece per una tragedia. Sotto una slavina sul suo amato Monte Bar viene ritrovato il corpo del preparatore atletico Tiziano Muzio. Un uomo speciale che ha attraversato per trent’anni la vita del club, guadagnandosi la stima e il rispetto di tutti per la sua competenza, ma ancor di più per la sua sensibilità e la sua generosità. Il suo nome evocherà per sempre a Lugano valori come lo spirito di sacrificio e la passione per il proprio lavoro.
La stagione 2010/2011 coincide con il settantesimo anno di fondazione dell’Hockey Club Lugano. Con la linea per qualificarsi ai playoff ormai lontana, il 29 novembre 2010, Philippe Bozon e Sandro Bertaggia vengono sollevati dall’incarico. Al loro posto la società dà fiducia a due uomini del club: Mike Mc Namara e Patrick Fischer, fino a quel momento brillanti head coach e assistant coach degli Juniores Elite. Qualche successo illude sulla possibilità di risalire la classifica, ma il Lugano è praticamente out dai playoff già a Natale! A tre giorni dall'inizio dei playout la società decide di inserire un volto nuovo a capo dello staff tecnico. Mc Namara e Fischer restano come assistenti e il 46enne canadese Greg Ireland, con una significativa esperienza in AHL, assume la guida del coaching staff. La mossa si rivela azzeccata se è vero come è vero che il Lugano liquida i temuti playout con quattro meritati successi consecutivi contro i Lakers.
Leggi tuttoA fine ottobre 2015, con la squadra ultima in classifica, termina anche l'era di Patrick Fischer e Peter Andersson. Dopo l’interludio di Christian Wohlwend, il nuovo uomo forte sulla panchina diventa il carismatico canadese Doug Shedden, assistito dal fido italo-canadese Pat Curcio. Forse, per un gruppo divenuto tanto vulnerabile, la presenza di un head coach con i capelli grigi era quello che serviva. Infatti in un tempo relativamente breve Hirschi e compagni reagiscono con vigore, risalgono la classifica e soprattutto ritrovano un’identità.
Il vissuto positivo della Coppa Spengler con la finale persa di misura contro il Team Canada rafforza il gruppo che si presenta ai playoff molto carico e completato nell’organico da Maxim Lapierre, attaccante canadese che interpreta il ruolo del provocatore. Il suo trash-talking destabilzzante diventa uno tra gli elementi vincenti di una splendida cavalcata fino alla finale dopo aver superato Zugo e Ginevra.
Giocatori e società si scrollano un vero macigno di dosso. Ciascuno svolge alla perfezione il suo ruolo. A partire da Elvis Merzlikins, imperiale tra i pali, per proseguire con una difesa quasi impenetrabile e con le diverse soluzioni offensive (Klasen, Martensson e Brunner su tutti) in grado di segnare reti pesanti.
Leggi tuttoLa stagione 2019/20 non sarà certo ricordata per l'hockey giocato. la società cambia il suo organigramma e si dota di un CEO nella figura di Marco Werder. Si chiude anche l'epoca del DS Roland Habisreutinger la cui funzione viene ripresa da Hnat Domenichelli. A fine febbraio 2020 tuttavia il mondo intero fa la conoscenza della parola COVID-19. Un virus, una pandemia che miete vittime e stravolge la vita di ognuno.
A metà marzo 2020 qualunque evento aperto al pubblico viene cancellato. E la National League non può far altro che annullare gli imminenti playoff cui il Lugano si era qualificato per il rotto della cuffia. Quanto accaduto nei mesi precedenti perde così significato. Compreso il rapido passaggio nella famiglia bianconera di Sami Kapanen.
L'head coach finlandese era stato sollevato dall'incarico poco prima di Natale, rimpiazzato dal vecchio lupo di mare Serge Pelletier. Anche la stagione 2020/21 subisce pesantemente gli effetti della pandemia. Per lunghi mesi i club sono obbligati a giocare le partite a porte chiuse. Una situazione a tratti assurda che genera conseguenze finanziare mai immaginate. La politica s'interroga sull'importanza delle squadre professionistiche per tutto il movimento sportivo e così, grazie anche ai prestiti e agli aiuti a fondo perso della Confederazione, si evitano fallimenti e sparizioni.
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Sabato 1 marzo 1986: Lugano è campione svizzero! Una stagione da incorniciare che culmina con il premio più ambito: la consegna della coppa dei primi playoff svizzeri a capitan Kaufmann sulla bellissima pista di Davos. Eroe della serata e del campionato intero è ancora una volta Kenta Johansson, con ben quattro reti nella gara decisiva che rovesciano il punteggio da 2-4 a 7-5! La pista di Davos si tinge di bianconero con più di 3000 tifosi a seguire la squadra. E quella sera comincia l’era del Grande Lugano.
Il campionato 1986/1987 lancia il Lugano in Europa. Vittoriosi dapprima a Berlino Est, i bianconeri eliminano quella che era considerata la squadra occidentale più forte: il Colonia. Nessuna squadra svizzera era mai riuscita a raggiungere la fase finale della Coppa Europa. In campionato, il Lugano si ripete alla grande, conquistando il suo secondo titolo nazionale nei playoff contro il Kloten.
Nella stagione 1987/1988, malgrado Slettvoll debba costruire la squadra, il Lugano si conferma padrone del campionato. Dopo il dominio nella regular season, nei playoff si aggiudica infatti il suo terzo titolo consecutivo, ancora a spese del Kloten. I bianconeri si impongono nella finale in tre partite, vincendo l’ultima gara alla Resega con una rete di Vrabec al tempo supplementare sotto una Curva Nord in delirio. Nota di merito anche per la Coppa Europa svoltasi in una Resega entusiasta. Gli ospiti d’onore sono niente meno che il mitico CSKA Mosca, allora grande leader mondiale con leggende come Larionov, Makarov, Krutov e Fetisov, il Färjestad e il Kosice. Nulla può tuttavia il Lugano contro questi mostri sacri dell’hockey europeo.
Il Lugano di John Slettvoll e Geo Mantegazza conquista il primo posto anche nella regular season 1988/1989. Quando però si avvicina la primavera, gli orsi bernesi, trascinati dal fenomenale Renato Tosio, si svegliano dal letargo e soffiano al Lugano il titolo. La sfida infinita si conclude dopo cinque battaglie alla Resega, sotto gli occhi increduli dei tifosi bianconeri. Per la prima volta dall’introduzione dei playoff, il Lugano lascia il titolo nazionale a un avversario. La grande delusione porta alla sofferta separazione del pubblico dal suo grande idolo: Kenta Johansson.
Con il ceco Dusan Pasek squalificato dopo una violenta bagarre contro l’Ambrì, nell'inverno del 1990 Slettvoll e Senni decidono di chiamare a Lugano per i playoff un piccolo nippo-canadese di nome Steve Tsujiura. Questo piccolo grande uomo sarà all’origine del quarto titolo nazionale dei bianconeri, formando con Andy Ton e Jörg Eberle un terzetto terribile. In finale, il Lugano si prende la rivincita per la precedente stagione vincendo in quattro partite e conquistando il titolo nell’impressionante pista dell’Allmend, gremita di tifosi bianconeri. Eberle e compagni iscrivono per la quarta volta il nome del Lugano nell’albo d’oro dell’hockey svizzero. Un successo che in pratica chiude l’era del Grande Lugano e con essa l’era di un presidente amatissimo dal pubblico: Geo Mantegazza. Il Presidentissimo lascia infatti la squadra nelle mani del fido Fabio Gaggini.
Il quinquennio 1990-1995 regala meno gioie al popolo bianconero, con gli avversari che rafforzano i loro investimenti in un mondo dell'hockey ormai professionistico in tutta la Svizzera. La stagione 1990-1991 si chiude con il secondo posto in regular season e la sconfitta nella finale dei playoff contro il Berna in quattro partite. Il Lugano condisce comunque l’annata con una nuova partecipazione al turno finale di Coppa Europa a Düsseldorf, dove sfiora l’exploit con i campioni finlandesi del Turku.
Dopo la deludente annata 1991-1992, il feeling tra il club e il Mago Slettvoll entra in crisi. Una stagione tribolata si conclude con il secondo rango nella regular season e, subito dopo i Giochi Olimpici, la cocente eliminazione ai quarti di finale dei playoff ad opera dello Zurigo di un giovanissimo Arno del Curto. Per la prima volta nella storia dei playoff, il Lugano non è presente in finale. L’impresa resta la qualificazione dei bianconeri alla finale della Coppa Spengler, dove il Lugano stravince contro il Mannheim, batte il Malmö al supplementare, perde di misura dal Team Canada e batte ai rigori il mitico CSKA Mosca. Il giorno successivo, nell’atto conclusivo, i maestri russi s’impongono per 5 a 2.
Separatosi da John Slettvoll, il Lugano cerca una nuova filosofia di gioco e un nuovo stile. Alla guida della squadra per la stagione 1992-1993 viene ingaggiato il canadese Andy Murray, uomo dalla squisita gentilezza. Con lui arriva a Lugano un mito, colui che ha formato per anni un quintetto imbattibile nella nazionale sovietica e nel CSKA di Mosca: Igor Larionov. Sulla carta fortissimo, il Lugano non riesce però a prendere quota. Murray fatica ad adattarsi alla mentalità europea e a dicembre il club si vede costretto dalla situazione interna allo spogliatoio ad allontanarlo per richiamare Slettvoll. In aiuto arriva anche la star canadese Brian Propp che, con un Larionov finalmente ristabilitosi dopo una lunga pubalgia, formerà un duetto pericolosissimo. Tutto questo non basta però ad andare oltre la semifinale dei playoff. I bianconeri vengono infatti eliminati ai rigori dal Kloten alla Resega. Larionov lascia Lugano e torna nella NHL dove vincerà per due anni di fila la Stanley Cup con i Detroit Red Wings.
La novità più grande della stagione 1993-1994 è la pista provvisoria chiamata Reseghina. La mitica vecchia Resega è infatti in fase di demolizione in attesa della costruzione di un impianto nuovo e moderno. Terzo in regular season, il Lugano viene eliminato nelle semifinali dei playoff una volta ancora ad opera del Kloten, trascinato da Michael Johansson, il fratello di Kenta e dal connazionale Anders Eldebrink. John Slettvoll cambia allora ruolo e diviene direttore sportivo, con il finlandese Timo Lahtinen a gestire la panchina. Il campionato 1994-1995 porta il Lugano alla conquista del secondo posto nella regular season alle spalle dello Zugo, ma i playoff tradiscono i bianconeri, eliminati nei quarti di finale dal solito Kloten.
Il 25 settembre 1995 viene inaugurata la nuova Resega con la prima di campionato fra Lugano e Losanna. Dopo l’indimenticabile festa, però, iniziano i tempi duri e a ottobre il club si separa per mancanza di risultati da Lahtinen. John Slettvoll torna in panchina, ma questa volta l’arma non si rivela vincente. Il Lugano conclude il campionato solo al settimo rango e nei playoff viene subito eliminato dal Kloten. La stagione 1995-1996 sarà ricordata anche per il triste destino toccato al difensore Pat Schafhauser che, la sera del 5 dicembre 1995 sulla pista di Davos, va a sbattere violentemente contro la balaustra, procurandosi una lesione del midollo spinale che lo costringe sulla sedia a rotelle. Dopo questo incidente viene costituita, su iniziativa del Lugano, la Fondazione Pat Schafhauser, ideata allo scopo di creare un fondo per eventuali infortuni di gioco.
Per la stagione 1996-1997 occorrono nuovi stimoli e il Lugano chiama alla transenna una vecchia conoscenza dell’hockey bianconero: Mats Waltin, reduce da due stagioni alla guida del Davos. Con lui arriva un altro grande svedese, Michael Nylander, che lascia i Calgary Flames (NHL) per indossare la maglia bianconera. La squadra cresce, ispirata da Nylander e, rinforzata dal russo Pavel Torgaev, sconfigge finalmente lo spauracchio Kloten prima di essere battuta nella semifinale dei playoff dal Berna di Gaetano Orlando.
La tifoseria e l’ambiente hanno fame di vittorie. Oltre ai promettenti fratelli Vauclair, arrivano il nazionale Patrick Fischer, Andy Näser, il canadese Todd Elik, croce e delizia dentro e fuori dal ghiaccio, e lo svedese pluri-campione Peter Andersson. La stagione comincia però male e a novembre Waltin viene sostituito da Jim Koleff, che era venuto a Lugano in qualità di direttore sportivo. Jim riporta la squadra nelle prime posizioni della classifica, ma non riesce a salvare la stagione con la squadra bianconera eliminata al primo turno dei playoff dal Davos, ancora una volta dopo i tiri di rigori alla Resega. Grande soddisfazione invece per Julien Vauclair, draftato dai prestigiosi Ottawa Senators.
All’inizio dei playoff 1998-1999 l’organico della squadra è al completo e in grande forma. Il Lugano soffre con il Davos, elimina alla grande e con una difesa e un portiere quasi insuperabili i campioni in carica dello Zugo e si prepara ad affrontare in finale l’Ambrì, protagonista di una regular season da record. Il Ticino è in fibrillazione e l’aria del derby si sente in ogni dove. Grazie alla maggior freschezza ed esperienza, il Lugano conquista il suo quinto titolo nazionale il 5 aprile 1999 alla Valascia, superando i cugini in cinque partite e vincendo in valle ben tre incontri su tre! Protagonisti di questa splendida impresa sono tutti i giocatori, ma un gradino più in alto troviamo sicuramente il portiere Huet, il difensore e capitano Andersson e l’indistruttibile Orlando che, a 36 anni, chiude la sua strepitosa carriera.
La stagione 1999-2000 offre ai tifosi bianconeri serate memorabili e di grande spettacolo. Il Lugano domina in lungo e in largo la regular season. Ma la vera impresa la squadra bianconera, rafforzatasi in particolare con Philippe Bozon, Christian Dubé, già prima scelta dei New York Rangers nel 1996, Oliver Keller e dopo Natale anche Wes Walz, la compie in Eurolega dove, dopo aver sconfitto alla Resega per 3-1 la Dynamo Mosca e ai rigori gli Ice Tigers di Norimberga, approda al Semifinal Round. Gli uomini di Koleff vincono la sfida casalinga con lo Slovan Bratislava e, in una partita dalle mille emozioni, espugnano al ritorno anche la pista dei campioni slovacchi per 6-5. La serietà e la professionalità del club portano a Lugano il Top Four Final, il girone finale a quattro per laureare la squadra campione d’Europa e, in una Resega entusiasta davanti a 24'000 spettatori in quattro partite, i russi del Metallurg Magnitogorsk, capitanati da Gomoljako, fanno il bis battendo in finale lo Sparta Praga. Proprio i campioni cechi avevano fatto svanire la sera prima all’overtime il sogno bianconero. Una partita fantastica risolta dal ceco Vujtek dopo che il Lugano aveva più volte sfiorato il gol della vittoria.
La straordinaria avventura europea lascia però il segno nelle gambe e nella mente dei giocatori. Nella finale dei playoff con gli ZSC Lions, il Lugano cala vistosamente e s’inchina all’Hallenstadion in “gara 6” quando, a 10 secondi dalla sirena, Plavsic insacca il gol del 4-3, favorito da un fallo di Christian Weber sul portiere Huet.
La finalissima della stagione 2000/01 con lo Zurigo è intensissima, polemica e dalla coda amarissima. Sul tre a uno nella serie, in “gara 5” alla Resega, il Lugano non chiude il conto. Gara 7 del 7 aprile 2001 è palpitante: segna Dubé, ma Zeiter pareggia al 51′. Si va ai supplementari dove Samuelsson fulmina Huet e gela il sangue dei tifosi bianconeri.
Per la stagione 2001/2002 sulla panchina del Lugano arriva un ex giocatore della Grande URSS: Zinetoula Biljaletdinov. Il Lugano ha un ottimo inizio di stagione, ma gradualmente la squadra si perde. Al suo posto ritorna sulla panchina Jim Koleff, ma i playoff non regalano grandi soddisfazioni.
Durante il campionato 2002/2003 i vertici si separano anche da Koleff. Si chiude così bruscamente un’epoca. Alla guida della squadra arriva Larry “Harry Potter” Huras, che infonde fiducia partita dopo partita. Ad attenderlo in finale il Davos di Arno Del Curto, campione in carica. Le prime due partite vengono vinte dai grigionesi, ma il Lugano non molla, mette in pista tutta la sua grinta e, con un carattere da far invidia ai gladiatori, si aggiudica le rimanenti quattro partite. Un’impresa firmata dalla squadra come tale più con il portiere Rüeger, il geniale Nummelin, l’ispiratissimo Rötheli. Gara-6 viene dominata da Capitan Fuchs e compagni davanti ad una Resega gremita in ogni ordine di posti, con un perentorio 4-0 scaturito da una prestazione collettiva d’eccellenza. Un titolo che tutti i tifosi luganesi ricorderanno come l’ultimo vinto dal grandissimo Bertaggia. Sandro, indomito mastino, decide di ritirarsi e appendere i pattini al chiodo, al termine di una fantastica carriera durata ben 18 stagioni con più di 800 presenze in LNA e 6 titoli di campione svizzero con la maglia del Lugano! Quella maglia numero 2 che nessun altro bianconero potrà più indossare.
Dall’estate 2003 un’icona dell’hockey finlandese indossa la maglia bianconera, quel Ville Peltonen già campione del mondo con una sua tripletta in finale. I bianconeri concludono la regular season 2003/2004 davanti al Berna con il record di punti mai registrati: 74 punti in 48 partite giocate! L’assegnazione del titolo si decide alla quinta ed ultima partita davanti ad una Resega esaurita in ogni ordine di posto. Maneluk pareggia a 32'' dalla fine con una saetta al volo e rimanda tutto al supplementare. Ma il Berna riesce a meritarsi la vittoria al 14.20 dell’overtime con una rete di Marc Weber.
La stagione 2004/2005 resterà invece negli annali come una tra le più interessanti nella storia dell’hockey svizzero. Il lockout della NHL arricchisce il nostro campionato con star mondiali quali Thornton, Nash, Hagmann, Brière e St. Louis. L’inverno dell’HCL è contrassegnato da una lunga trafila di infortuni. Nonostante ciò, il Lugano si mantiene al vertice. Dalla Resega transitano diversi giocatori stranieri di provenienza NHL come Kimmo Timonen, Jason Blake ma soprattutto Alex Tanguay, 24enne quebecois dalla classe cristallina ma sfortunatissimo dapprima per il riacutizzarsi di un vecchio dolore ad un’anca poi, al rientro dopo due mesi, per lo stiramento di un legamento di un ginocchio. Per il secondo anno consecutivo, il Berna si rivela ostacolo insormontabile con un gioco difensivo efficace e maggior concretezza nei momenti topici. Un velo di tristezza per JJ Aeschlimann che, dopo 14 stagioni giocate in bianconero, lascia il club per chiudere a 38 anni la sua carriera agonistica a Losanna.
Glen Metropolit, canadese tutto estro e concretezza, illumina la regular season 2005/06 laurendosi capocannoniere. Ma,quando cominciano i giochi che contano, dopo le intense emozioni olimpiche di Torino 2006 cui sette bianconeri hanno contribuito all’argento della Finlandia di Nummelin, Peltonen e Hentunen e agli exploit dei rossocrociati contro Canada e Cechia, affiorano fragilità di nervi e scarsa incisività. Un Ambrì che sfrutta appieno le sue risorse spinge così la squadra sull’orlo del baratro. I vertici societari reagiscono con l’esonero di Huras. La tifoseria è imbufalita e qualcuno sconfina nell’aggressione verbale, altri, per fortuna di fede incrollabile, inondano i giocatori di messaggi d’incitamento: nulla è impossibile! I nuovi condottieri Harold Kreis (un’icona dell’hockey tedesco, head-coach in stagione al partnerteam Coira) e Ivano Zanatta (già assistant coach) ridistribuiscono le responsabilità, chiedono le tre C: cervello, cuore e coglioni. Il gol rocambolesco di Vauclair alla Valascia è un segno del destino. Lo spogliatoio diventa granitico. Impermeabile ad ogni tentativo di destabilizzazione. E l’impresa di recuperare dallo 0-3 nella serie, mai riuscita sino a quel momento a nessuno in Europa, si concretizza il 19 marzo 2006.
L’angoscia di perdere con i cugini svanisce, adesso arriva il bello. Sullo slancio il Lugano asfalta il Kloten e getta il guanto di sfida al campione in carica, il Davos. Non c’è partita. Il Lugano sfiora la perfezione agonistica ed estetica, viaggia come un treno in accelerazione che travolge tutto e tutti. Ogni giocatore sublima le sue peculiarità. Gli eroi non sono i singoli, il folletto Nummelin, il bombardiere Hentunen, il terminator Gardner, il gladiatore Sannitz, il satanasso Metropolit, il capitano Peltonen. A trionfare è la squadra, la sua unità d’intenti cementata nelle difficoltà. E, quando alla Resega il 13 aprile 2006 squilla la sirena finale che decreta il successo in “gara 5”, il popolo bianconero sale al settimo cielo. È la gioia più autentica, viscerale, quella che per provare bisogna aver tanto sofferto prima, il piacer figlio d’affanno, come scrive il Leopardi. Ma è anche l’orgoglio per una squadra che ha insegnato al Ticino e alla Svizzera cosa significhi davvero onorare la maglia dell’Hockey Club Lugano. Dopo essere stati proiettati al settimo cielo, la società e i tifosi vivono tuttavia mesi molto difficili. La NHL bussa in poche ore alla porta di Metropolit, Nummelin, Peltonen e York. Un colpo durissimo sul piano sportivo. Un’inchiesta della Magistratura scuote la dirigenza dell’HCL nelle sue fondamenta. Uno “tsunami” che sfocerà nel rimpasto dell’assemblea generale degli azionisti del 29 novembre 2006 e nell’elezione di Paolo Rossi quale nuovo Presidente.
A gennaio 2007, la famiglia bianconera vive un'indimenticabile esperienza internazionale. Oltre duecento tifosi seguono l’HCL a San Pietroburgo nel Super Six con i campioni nazionali delle sei più forti nazioni europee. Il Lugano sale con merito sul podio, superando per 3-0 il Färjestad prima di inchinarsi con lo stesso punteggio all’Ak Bars Kazan. Si arriva così ai playoff 2006/07, dove l’avversario nei quarti è il Kloten di Eldebrink e Hollenstein in panchina. A decretare l'eliminazione è “gara 6”. Il colpo di grazia giunge, purtroppo, con un clamoroso errore arbitrale di Prugger che fischia, con il puck ancora in movimento, proprio mentre Jeannin lo sta infilando in rete a 32 secondi dalla sirena finale per quello che sarebbe stato il gol del 2-2. Un epilogo che lascia l’amaro in bocca per una stagione comunque costruttiva in ottica futura.
Il 18 ottobre 2007 Jukka Hentunen, top scorer dei bianconeri, lascia il Lugano confrontato con l’imperdibile opportunità di un contratto superlucrativo in Russia con la maglia dell’Ak Bars Kazan. A metà novembre, dirigenza e tifoseria s’illudono di aver trovato la soluzione.
L’ex stella NHL (674 partite, 421 punti), il colored Anson Carter, noto anche per aver realizzato il gol fantasma che regalò al Canada i Mondiali 2003, atterra ad Agno ed esordisce con il botto, siglando tre reti in tre partite e destando immediata simpatia per il suo atteggiamento verso l’hockey e la vita. Tra infortuni ripetuti, ritardo di condizione fisica e qualche dubbio sulla sua reale motivazione, Carter sparirà tuttavia ben presto dal palcoscenico. La società investe quanto ricavato dalla cessione di Hentunen portando alla Resega David Aebischer, il primo svizzero ad aver sfondato in NHL (214 presenze), già vincitore della Stanley Cup, portiere di grande talento, relegato tuttavia nel frattempo ai margini della scena nordamericana.
A cavallo tra novembre e dicembre il Lugano entra però in una crisi nera. L’incapacità di reagire agli episodi negativi costa la panchina a Ivano Zanatta. Per dare una scossa viene chiamato Kent Ruhnke, con la reputazione del sergente di ferro. La mossa non sortisce tuttavia gli effetti desiderati. Ruhnke non riesce a trovare il feeling con i giocatori. Con la linea dei playoff sempre più lontana, ecco allora, il 9 gennaio 2008, il clamoroso ritorno di John Slettvoll. Per salvare un’annata quasi compromessa irrimediabilmente, la società tocca le corde dell’emozione, si affida al carisma di colui che incarna la gloriosa storia dell’Hockey Club Lugano.
Ma la rincorsa ai playoff resta incompiuta e, per la prima volta dopo ventidue anni, il Lugano si trova a disputare i playout che, come prevedibile, si rivelano un’esperienza da incubo. La paura di perdere al cospetto di una squadra più debole come il Basilea e gli infortuni a catena trasformano cinque partite in sofferenza pura. Alla fine il Lugano ce la fa, grazie anche ad una rete pesantissima del giovane Chiesa in terra renana e alla ritrovata vena realizzativa di Landon Wilson.
Il botto dell'estate 2008 è il ritorno di Petteri Nummelin dopo due stagioni in NHL.Il finlandese non ha perso nulla del suo talento: il suo genio è uno spettacolo per gli occhi. Sul piano individuale nel campionato 2008/09 spicca invece il 24enne norvegese Patrick Thoresen, un vero ariete. Il tormentone dei cinque stranieri diventa pian piani la rovina dello spogliatoio e dell’ambiente. Slettvoll non riesce a gestirlo nel modo più opportuno, i malumori si sommano e i media ci sguazzano. Sono i primi segnali di debolezza dell’uomo di Umea che, attorno a Natale, non digerisce la comunicazione della società di non voler proseguire in futuro con lui. L’ego smisurato di Slettvoll prevale sul bene della squadra e il 7 gennaio 2009, alla vigilia di un derby, il Mago abbandona tutto e tutti, accusando l’HCL e tutte le sue componenti di lesa maestà.
L’abbinamento nei quarti di finale è Davos-Lugano. Una serie spettacolare, con emozioni dispensate a gogò, partite dal ritmo folle e l’entusiasmo che torna ad animare il popolo bianconero. Con una rete del generosissimo Conne al supplementare, il Lugano resta in vita anche sull’orlo del baratro, vince gara 6 alla Resega ai penalty e si presenta alla Vaillant Arena per la bella. Un vero disastro (7-1) che segna l’immaginario collettivo dei tifosi e macchia anche quanto di buono era stato costruito sull’arco dei mesi.
Nell’estate del 2009 cambia nuovamente la presidenza del club. Dopo la comunicazione di Paolo Rossi di non volersi ricandidare per ragioni personali e professionali, la Commissione Cerca identifica in Silvio Laurenti la nuova guida societaria. La seconda grossa novità è quella di Kent Johansson in panchina come head coach affiancato da Sandro Bertaggia. Tra i tecnici più quotati nel suo Paese dove ha conquistato anche un titolo con l’HV 71, a Kenta viene affidato il compito di costruire un progetto a medio termine. A metà novembre la società bianconera vive una vera svolta nel settore tecnico. Per il ruolo di direttore sportivo viene assunto Roland Habisreutinger, uomo di personalità e carattere reduce, nella medesima funzione, dalla finale dei playoff persa alla settima partita con i Kloten Flyers. Per Jörg Eberle prende avvio una nuova sfida all’interno dell’organizzazione: quella di responsabile della formazione. Tra il 10 e il 23 gennaio Näser e compagni entrano in un buco nero. La società acquista consapevolezza che Kent Johansson non sia l’uomo giusto nell’ambiente particolare dell’hockey svizzero. Il suo carattere schivo e introverso ne rendono difficile il dialogo con i giocatori e con il club e l’effetto è quello di un gruppo spaesato. Per dare la classica scossa emotiva e non rischiare i playout, si sceglie allora di cambiare la guida in corso, affidandosi all’indimenticato gladiatore Philippe Bozon, alla sua prima esperienza con i professionisti. Il francese guida la squadra verso la post season dove il Berna sarà il capolinea.
Il 6 aprile 2010 la famiglia bianconera piange invece per una tragedia. Sotto una slavina sul suo amato Monte Bar viene ritrovato il corpo del preparatore atletico Tiziano Muzio. Un uomo speciale che ha attraversato per trent’anni la vita del club, guadagnandosi la stima e il rispetto di tutti per la sua competenza, ma ancor di più per la sua sensibilità e la sua generosità. Il suo nome evocherà per sempre a Lugano valori come lo spirito di sacrificio e la passione per il proprio lavoro.
La stagione 2010/2011 coincide con il settantesimo anno di fondazione dell’Hockey Club Lugano. Con la linea per qualificarsi ai playoff ormai lontana, il 29 novembre 2010, Philippe Bozon e Sandro Bertaggia vengono sollevati dall’incarico. Al loro posto la società dà fiducia a due uomini del club: Mike Mc Namara e Patrick Fischer, fino a quel momento brillanti head coach e assistant coach degli Juniores Elite. Qualche successo illude sulla possibilità di risalire la classifica, ma il Lugano è praticamente out dai playoff già a Natale! A tre giorni dall'inizio dei playout la società decide di inserire un volto nuovo a capo dello staff tecnico. Mc Namara e Fischer restano come assistenti e il 46enne canadese Greg Ireland, con una significativa esperienza in AHL, assume la guida del coaching staff. La mossa si rivela azzeccata se è vero come è vero che il Lugano liquida i temuti playout con quattro meritati successi consecutivi contro i Lakers.
Il 22 giugno 2011 l’assemblea degli azionisti elegge nella sala del Consiglio Comunale di Lugano quale nuovo Presidente Vicky Mantegazza, figlia del Presidentissimo Geo, cresciuta con il DNA bianconero nel sangue ed artefice dei successi del Ladies Team. A guidare una squadra estremamente rinnovata nei suoi ranghi viene chiamato Barry Smith, 60enne coach statunitense con grande esperienza in NHL. Smith fatica però sin da subito a familiarizzare con le dinamiche dell’hockey rossocrociato e il 21 ottobre 2011, dopo un’umiliante scoppola a Kloten (9-1), abbandona la nave al suo destino, rientrando inopinatamente in Nordamerica non senza aver attaccato giocatori e società.
Il caso vuole che proprio la stessa sera il Berna licenzi sui due piedi Larry Huras, reo di non proporre un gioco sufficientemente brioso. Dopo un interludio di due gare del duo Fischer/Mc Namara, Larry l’esigente riabbraccia quindi Lugano e lo fa con la sua tipica carica di energia, dedizione quotidiana e attenzione ai dettagli. E sotto la sua bacchetta la squadra ritrova gradatamente una sua identità. Momenti-clou di una regular season all’insegna dell’incostanza ma chiusa abbastanza in scioltezza in sesta posizione sono senz’altro i sei derby tutti vinti contro l’Ambrì: un record.
Sono comunque i playoff contro il Friborgo a far riassaporare ai tifosi le vere emozioni. Gli uomini di Huras bissano l’exploit di espugnare la BCF Arena con due prestazioni tatticamente e agonisticamente perfette. Non sono tuttavia in grado di ripetersi alla Resega dove s’inchinano a tre riprese. Sono così i burgundi a passare la serie dei quarti di finale con il punteggio complessivo di 4-2. Per società, staff e giocatori la soddisfazione di essere usciti a testa alta con il caloroso applauso della Resega.
E ad incarnare il rinnovato spirito gladiatorio del Lugano è senz’altro Sébastien Reuille, eroico e stoico miglior marcatore della squadra nei playoff dopo aver subìto la bellezza di 80 punti di sutura al palato. Il campionato 2012/2013 sarà iscritto a caratteri cubitali nella storia dell’hockey svizzero. La mitica NHL resta infatti invischiata nel lockout fino a metà gennaio. Sul ghiaccio elvetico i tifosi possono così ammirare star del calibro di Zetterberg, Tavares, Kane, Seguin, Spezza ma anche i figliol prodigi Streit, Diaz, Weber ecc.
In questa corsa al fenomeno, il Lugano pesca piuttosto bene. In difesa rafforza la squadra il giovane difensore Luca Sbisa, proveniente dagli Anaheim ma soprattutto in attacco celebra la sua classe a tutta pista Patrice Bergeron, punto di forza dei Boston Bruins e persona davvero squisita. In 21 partite con i colori bianconeri, Bergeron realizza 11 gol e 18 assist, lavora come un matto ed insegna hockey ai compagni.
Vauclair e compagni chiudono la regular season al sesto posto e affrontano con ottimismo lo Zugo nei quarti di finale dei playoff.
In una serie di sette partite tirate passano però i ragazzi di Doug Shedden. La lunga ed approfondita analisi tecnica della società non lascia scampo a Larry Huras che viene sostituito in vista della nuova stagione dal suo assistente Patrick Fischer (nuovo head coach) e Peter Andersson (nuovo assistant coach). Il 31 agosto 2013 dopo una gara amichevole alla Resega contro il TPS Turku, l’HCL ritira la maglia no. 33 di Petteri Nummelin in segno di gratitudine verso il protagonista di due straordinari cicli di cinque anni all’insegna di estro, fantasia e spettacolo.
Pochi giorni dopo inizia la stagione 2013/14. È il Lugano di Patrick Fischer e Peter Andersson che non tardano a far capire di avere le idee chiare. Con coraggio e spalleggiati dalla società, i due coach danno avvio a quella che viene chiamata la “Fischerrevolution”. Sull’arco dei mesi il club si separa da diversi giocatori. L’obiettivo è quello di costruire una squadra veloce in grado di giocare con intensità ma anche quello di ridurre il budget.
Il vero acquisto è lo svedese, campione del mondo, Fredrik Pettersson. Talentuoso, instancabile, vero leader, Pettersson diventa in breve tempo il valore aggiunto della squadra. Quinti a fine stagione regolare, i bianconeri affrontano nei playoff l’ostico Ginevra di Mc Sorley. Le partite sono tirate ma la superiorità fisica dei granata che s’impongono 4-1 nella serie prevale. Le note positive da annotare a fine stagione sono comunque parecchie tra cui le 22 partite giocate dal 19enne portiere lettone di licenza svizzera Elvis Merzlikins. Agile e dotato di forte personalità, Elvis viene draftato in estate dai Columbus Blue Jackets e si aggiudica lo Swiss Ice Hockey Award per il miglior Rookie del campionato.
Il colpaccio di mercato della primavera 2014 si chiama Linus Klasen. Dotata di talento ed estro come pochi in Europa, la guizzante ala incanterà la platea del campionato svizzero, ispirando soprattutto il suo “gemello diverso” Fredrik Pettersson. Il duo svedese occuperà i primi due posti della classifica dei marcatori della regular season, rispettivamente con 69 e 55 punti.
Ma il nome Lugano sarà sulla bocca dell’intero mondo hockeystico a metà dicembre, quando il club annuncia l’arrivo alla Resega, con un contratto quadriennale, di Damien Brunner dopo la sua decisione di mettere la parola fine all’avventura NHL (Detroit Red Wings, New Jersey Devils). Per le sue accelerazioni sul ghiaccio e la sua velocità d’esecuzione, l’MVP e capocannoniere della stagione 2011/2012 con lo Zugo è considerato dagli addetti ai lavori l’attaccante svizzero più spettacolare in circolazione. La stagione regolare è estremamente positiva con il terzo rango finale, il miglior piazzamento dal 2006, oltre 4’000 abbonati e una media spettatori di 5’559 persone. A testimonianza della passione crescente verso un HCL finalmente stabile a tutti i livelli. Purtroppo però i playoff regalano però poche soddisfazioni. L’incubo Ginevra si materializza per il secondo anno consecutivo.
A fine ottobre 2015, con la squadra ultima in classifica, termina anche l'era di Patrick Fischer e Peter Andersson. Dopo l’interludio di Christian Wohlwend, il nuovo uomo forte sulla panchina diventa il carismatico canadese Doug Shedden, assistito dal fido italo-canadese Pat Curcio. Forse, per un gruppo divenuto tanto vulnerabile, la presenza di un head coach con i capelli grigi era quello che serviva. Infatti in un tempo relativamente breve Hirschi e compagni reagiscono con vigore, risalgono la classifica e soprattutto ritrovano un’identità. Il vissuto positivo della Coppa Spengler con la finale persa di misura contro il Team Canada rafforza il gruppo che si presenta ai playoff molto carico e completato nell’organico da Maxim Lapierre, attaccante canadese che interpreta il ruolo del provocatore. Il suo trash-talking destabilzzante diventa uno tra gli elementi vincenti di una splendida cavalcata fino alla finale dopo aver superato Zugo e Ginevra. Giocatori e società si scrollano un vero macigno di dosso. Ciascuno svolge alla perfezione il suo ruolo. A partire da Elvis Merzlikins, imperiale tra i pali, per proseguire con una difesa quasi impenetrabile e con le diverse soluzioni offensive (Klasen, Martensson e Brunner su tutti) in grado di segnare reti pesanti. Quella che entra negli annali è il rigore trasformato all’overtime da Furrer contro gli uomini di Mc Sorley che proietta i bianconeri nella finalissima. A giocarsi il titolo il Lugano ritrova un rivale storico: il Berna. Gli Orsi hanno agguantato i playoff per i capelli ma hanno fatto fuori con prepotenza Zurigo e Davos. La serie è tirata ogni sera ma alla fine ad imporsi sono Martin Plüss e compagni, più freschi e lucidi e, per la verità, anche aiutati da alcune decisioni arbitrali che gridano allo scandalo. Il sogno vola via in un cielo di applausi. La delusione è grande. Ma l’abbraccio di un pubblico sportivissimo è un’immagine da consegnare agli archivi.
Le aspettative per il campionato 2016/2017 sono alte, confermate dal nuovo record di abbonamenti stagionali alla Resega (4’748). Complici anche gli impegni in agosto e settembre della poco remunerativa Champions Hockey League, Chiesa (nuovo capitano) e compagni vivono un autunno difficile. Il buon cammino alla Coppa Spengler, culminato in una ulteriore finale persa contro il Team Canada, non basta questa volta per ricompattare il gruppo e, a metà gennaio, la società esonera Shedden e Curcio, richiamando in Ticino Greg Ireland, l’uomo della salvezza nei playout del 2011. Il nuovo staff tecnico stimola in breve tempo ogni elemento della rosa, ripartisce compiti e responsabilità. Il Lugano si presenta così ai playoff sì dalla settima posizione ma con uno spirito rinnovato. E proprio l’attitudine e la voglia di sacrificio sono le armi vincenti per eliminare in sei partite nei quarti di finale i favoriti ZSC Lions, compagine ricca di talento. La serie è entusiasmante. Condita pure da colpi di scena fuori dal ghiaccio come la ricusa del sostituto giudice unico della National League. Sullo slancio i bianconeri espugnano Berna in gara 1 di semifinale. Ma la forza dei campioni svizzeri, che si riconfermeranno tali, è impressionante e gli uomini di Jalonen fanno loro le successive quattro sfide, l’ultima alla Postfinance Arena chiusasi ai rigori. Per l’HCL una stagione in chiaroscuro e molto intensa. Dalla frustrazione dei mesi autunnali si è passati alle gioie e all’entusiasmo straripante di marzo.
Sotto la leadership di Greg Ireland, che si conferma coach capace di motivare e coinvolgere nel suo progetto di squadra ogni giocatore, il Lugano disputa la regular season 2017/2018, chiusa al quarto posto, sempre tra i primi in classifica. Una stagione regolare serena e in buona sintonia con la tifoseria, contrassegnata anche dall’esplosione offensiva di Gregory Hofmann e di Luca Fazzini, quest’ultimo Top Scorer della Regular season. Il nuovo centro finlandese Jani Lajunen risponde alle aspettative e il suo gioco fisico ed essenziale contribuisce non poco a dare consistenza alla squadra, al pari di Maxim Lapierre, vero trascinatore del gruppo. Nella penultima gara della regular season succede qualcosa di incredibile. Capitan Chiesa, Dario Bürgler e Damien Brunner sono vittime a Davos di tre gravi infortuni che li escludono dai giochi che contano. Una contingenza che rafforza però ulteriormente lo spirito di sacrificio. I bianconeri superano dapprima l’ambizioso Friborgo per 4-1 nei quarti di finale. In semifinale il Lugano fa fuori anche il Bienne, dopo aver rimontato un parziale di 0-2 nella serie e un parziale di 0-3 in gara 3, quando la rete in shorthand dell’eroico Reuille suona la carica. La finale contro gli ZSC Lions è entusiasmante. Le parate dello stratosferico Merzlikins, il cuore e la passione messi in pista da un gruppo di uomini che si piega ma non si spezza mai esaltano il popolo bianconero e la Resega torna ad essere una vera bolgia con cinque “sold out” consecutivi. Si arriva a gara 7 decisa dall’unico gol di Geering. L’amarezza è grande ma, dopo qualche giorno, prevale l’orgoglio per una squadra che nei playoff ha schierato la bellezza di dieci elementi con un’età inferiore ai 25 anni, tutti formati nella Sezione Giovanile del Club!
Grazie al nuovo Arena Partner, il Gruppo Cornèr Banca, la Resega cambia nome e diventa Cornèr Arena. Sebbene criticata, la società va contro corrente, tiene duro e conferma la fiducia allo staff tecnico sino a fine stagione. Aggrappati alla vena realizzativa di Hofmann e in un contesto di grande equilibrio in classifica, Chiesa e compagni agguantano la qualificazione ai playoff nel rush finale. Contro lo Zugo nei quarti ci si attende una scossa emotiva. Che però non è sufficiente. Il Lugano è fuori in quattro partite. Cala prematuramente il sipario sulla stagione 2018/19 e gli unici applausi convinti sono per Elvis Merzlikins, in orbita verso i Columbus Blue Jackets e il palcoscenico della NHL e per gli ultimi momenti sul ghiaccio del guerriero Sébastien Reuille.
La stagione 2019/20 non sarà certo ricordata per l'hockey giocato. la società cambia il suo organigramma e si dota di un CEO nella figura di Marco Werder. Si chiude anche l'epoca del DS Roland Habisreutinger la cui funzione viene ripresa da Hnat Domenichelli. A fine febbraio 2020 tuttavia il mondo intero fa la conoscenza della parola COVID-19. Un virus, una pandemia che miete vittime e stravolge la vita di ognuno.
A metà marzo 2020 qualunque evento aperto al pubblico viene cancellato. E la National League non può far altro che annullare gli imminenti playoff cui il Lugano si era qualificato per il rotto della cuffia. Quanto accaduto nei mesi precedenti perde così significato. Compreso il rapido passaggio nella famiglia bianconera di Sami Kapanen.
L'head coach finlandese era stato sollevato dall'incarico poco prima di Natale, rimpiazzato dal vecchio lupo di mare Serge Pelletier. Anche la stagione 2020/21 subisce pesantemente gli effetti della pandemia. Per lunghi mesi i club sono obbligati a giocare le partite a porte chiuse. Una situazione a tratti assurda che genera conseguenze finanziare mai immaginate. La politica s'interroga sull'importanza delle squadre professionistiche per tutto il movimento sportivo e così, grazie anche ai prestiti e agli aiuti a fondo perso della Confederazione, si evitano fallimenti e sparizioni.
Sul piano strettamente tecnico il Lugano di Pelletier consegue il miglior risultato in regular season degli ultimi anni. Un secondo rango fondato dalla solidità difensiva e sull'ispirazione offensiva dei vari Heed, Arcobello e Fazzini. Nei playoff arriva però la doccia fredda. Il Rapperswil spegne ogni ardore e si aggiudica la serie per 4-1.
L'annata 2021/22 vede ai nastri di partenza un Lugano profondamente rinnovato e ambizioso. La panchina viene diventa la casa di Chris Mc Sorley, vulcanico condottiero per quasi un ventennio del Servette. Il roster si arricchisce di elementi come i difensori Santeri Alatalo e Mirco Müller e l'attaccante Daniel Carr. Il rendimento è altalenante. La squadra segna tanto ma subisce troppo.
I playoff vengono agguantati passando per il tritacarne dei pre playoff, proprio contro i granata ginevrini. La superiorità dello Zugo di Tangnes nei quarti è però evidente. I botti dell'estate 2022 sono anche questa volta finlandesi. Sbarcano sulle rive del Ceresio il portiere Mikko Koskinen e l'attaccante Markus Granlund, giocatori di palmares ed esperienza.
La fiducia tra Mc Sorley e lo spogliatoio vacilla però già ai primi ostacoli e, ad inizio ottobre, il club compie la scelta più drastica e coraggiosa della sua storia moderna. L'addio senza troppi rimpianti a CMS e la guida tecnica affidata a Luca Gianinazzi, allenatore non ancora trentenne formato in casa, protagonista alla transenna dei recenti exploit degli U20 Elit. L'intera Svizzera hockeystica è spiazzata e stupefatta dalla svolta, ma impara presto ad apprezzare la competenza e la personalità del "Giana" che acquista rapidamente credibilità dentro e fuori le mura della Cornèr Arena.
La lotta per accedere alla post season è agguerrita. L'anticamera dei pre playoff regala nuovamente soddisfazione nel doppio confronto con il favorito Friborgo. Il successivo quarto di finale dei playoff è teso ed entusiasmante. Il Ginevra, futuro campione svizzero e futuro vincitore della Champions Hockey League, compie il passo psicologicamente decisivo, vincendo "gara 5" alle Vernets al terzo overtime. Ma la strada verso un nuovo Lugano è tracciata.
E il percorso si rafforza con l'andamento della stagione 2023/24. Il Lugano di Gianinazzi naviga con serenità nelle acque del centroclassifica, sebbene la squadra subisca uno stillicidio di infortuni (Marco Müller, Granlund, Schlegel, Carr, Morini, Walker) che impongono alla direzione sportiva l'ingaggio forzato di nuovi giocatori. Il settimo rango in regular season spalanca le porte ad uno storico derby di andata e ritorno nei play-in che Thürkauf e compagni vincono grazie soprattutto alla rimonta da 0-4 a 4-4 alla Gottardo Arena. Il quarto di finale con un Friborgo che mira apertamente al titolo presenta infine un Lugano pugnace fino all'ultimo secondo di "gara 7" persa in terra burgunda.
A Loreto si svolgono le prime vere partite con esibizioni di squadre blasonate come quella della Oxford University. Il 1 febbraio 1950, davanti a 2500 persone, si gioca un match storico: i canadesi della zona di Edmonton, i Waterloo Mercury’s, opposti ai Diavoli di Milano. Poche settimane più tardi, a Londra, quei canadesi diventano campioni del mondo con la foglia d’acero. Tuttavia, la mancanza di sostegno politico da parte delle autorità cittadine costa lo sfratto anche da Loreto. Nel 1955, dopo mille peripezie, il Lugano gioca alcune partite su quello che d’estate era il campo da tennis della pasticceria Münger di Paradiso, grazie a Cuccio Viglezio e Guido Keller, grandi animatori della famiglia bianconera. Sempre nel 1955, un garagista di Noranco di nome Albino Mangili mette in funzione l’impianto di Noranco, dove approda il primo vero acquisto della storia bianconera: il grigionese Beat Rüedi, già rossocrociato e più volte campione svizzero con il Davos. Rüedi si muove abilmente a tutto campo per realizzare quello che a Lugano era considerato un vero sogno: la pista artificiale.
Nel 1956, il Lugano festeggia la sua prima promozione in prima divisione. Il 1 dicembre 1957, grazie all’iniziativa dell’Ing. Pino Pedrolini, viene finalmente inaugurata, a nord di Cornaredo sotto il lussuoso Castello di Trevano, la prima pista artificiale che porterà il nome di Resega, in quanto da quelle parti una volta c’era una segheria. La Resega viene inaugurata in pompa magna alla presenza di 6500 spettatori con l’incontro amichevole Svizzera-Italia. Fra i presenti quel giorno c’è anche Geo Mantegazza, colui che trent’anni dopo avrebbe portato il Lugano ai vertici dell’hockey svizzero e internazionale. Ingegnere di professione, proprio facendo i calcoli statici della Resega ha il primo contatto con la famiglia bianconera.
Il Lugano si appresta così a trascorrere nove anni nella serie cadetta, tra risultati altalenanti, seppur con diversi giocatori che negli anni Settanta infiammano la Resega come i finnici Juha Pekka Rantasila e Henry Leppä e lo statunitense Tom Vanelli. Nel 1975, il club bianconero fa le valige e si trasferisce nella prima pista coperta del Luganese: quella di Mezzovico. I bianconeri vi giocano due campionati prima che il Palasport di Mezzovico crollasse la mattina del 12 febbraio 1978 a causa di un’eccezionale nevicata. Questo evento segna il ritorno del club alla Resega, ora coperta definitivamente.
Nel 1978, nella storia del Lugano e dell’hockey svizzero entra colui che nel giro di pochi anni diventerà un grande personaggio: Geo Mantegazza. Con lui si materializza anche quello che molte volte sarà il settimo giocatore sul ghiaccio: la Curva Nord! Il nuovo staff dirigenziale formato da Geo Mantegazza, Severo Antonini e Fausto Senni conquista subito due risultati storici: per la prima volta il Lugano si classifica davanti all’Ambrì, e per la prima volta, il 23 ottobre 1979, viene espugnata la Valascia (5-2).
Nella prima stagione in serie A, oltre allo spettacolare difensore canadese Bob Hess, arrivano a Lugano il prolifico attaccante Giovanni Conte e la grande promessa dell'hockey svizzero, l’appenzellese Jörg Eberle. Nell'estate del 1983, per dare una scossa a tutto l’ambiente, il presidente Mantegazza avvia una vera rivoluzione tecnica, chiamando un nuovo allenatore dalla Svezia: John Slettvoll. Con lui, inflessibile dentro e fuori dal ghiaccio, arriva un giocatore destinato a diventare il beniamino della Resega: il mitico Kent Johansson! Lo scattante numero 25 ha qualche problema di ambientamento ma, dopo Natale, comincia a far faville!
L’entusiasmo per l’hockey a Lugano cresce e altri giocatori importanti completano una rosa sempre più competitiva, come i nazionali Beat Kaufmann e Arnold Lörtscher. Per affrontare la stagione 1984/85, il Lugano di Slettvoll si rinforza ulteriormente con due pedine fondamentali: Mats Waltin e Fredy Lüthi. Il primo è un vero pilastro della nazionale svedese: con Ingemar Stenmark e Björn Borg, fa parte dei miti dello sport svedese. Lo squadrone bianconero insegue i campioni del Davos per tutta la stagione ma non riesce a strappare l’ennesimo titolo ai grigionesi, concludendo comunque quella che fino a quel momento è la miglior stagione della sua storia con la conquista del secondo posto.
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